dystopisches wien
stucchi, cementi, fiandre 📸
Ancora Vienna. Qualche tempo fa ci venni per una sorpresa prima contestata e poi accolta, per poco non finì male. Ora sono qui per capire; continuo a non voler capire nonostante l'evidenza; non credo di averlo ancora fatto, almeno non completamente. Vienna è una piacevole cittadina contesa tra la nostalgia dei bei tempi andati, la brama del nuovo e di appalti della finanza rampante. Il centro è tutto ad uso e consumo dei turisti: santo Stefano, san Carlo, i musei e le gallerie naturalmente tutte da vedere, una volta è sufficiente, come le case dell'Hundertwasserhaus. Appena sul limitare è imprescindibile visitare Schönbrunn (Schönbrunner Schloßstraße 47), il Belvedere (Prinz-Eugen-Straße 27) e il delizioso Botanischer Garten (l'ingresso ufficiale è in Rennweg 14, ma si entra dalla Mechelgasse).
Mano mano che ci si sposta verso l'esterno, l'edilizia dei primi del '900 si fonde con quella della ricostruzione post bellica e con i nuovi edifici delle grandi società. Qui ori e stucchi sono scomparsi, dimenticati a tutto vantaggio delle facciate autoportanti. Tutto questo nuovo crea una geometria edilizia fatta di piani, curve, scorci di cielo e soprattutto riflessi. Qui viene il bello. La suggestione delle linee pulite ci mette molto poco a venire a noia, dopo una decina di inquadrature tipo prospettiva a quadro verticale ecco la ricerca dell'altro e dell'altrove. La ricerca del riflesso, delle nuvole nel vetro, e poi lo stravolgimento della perpendicolarità per generare una nuova dinamica, la ricerca del dettaglio per esaltare un nuovo punto di vista e soprattutto per dissacrare la monoliticità. Poi c'è la sera, quando i riflessi scompaiono e rimango enormi volumi neri; è il momento di spiare dalla finestra i tetti e i comignoli che scontornano l'ultima luce del crepuscolo. Finestre accese, tende semi chiuse, cucine all'opera: tutto sussurra di una quotidiana intimità.
Ancora Vienna. Cosa ci stia a fare non lo so proprio: la mia coscienza me lo aveva suggerito disegnando il quadro della situazione su un tovagliolo sporco, certamente non preciso ma chiaro. L'irrealtà, la non percorribilità, le evidenze dei fatti: era tutto fin troppo chiaro, tanto da non farmi credere a quel disegno unto di sugo. Eppure... Here we are, direbbe lei, se solo potesse parlare. Gli schemi generali sono e devono essere sempre oggetto di verifica, devono contemplare eccezioni e non conformità, ma restano i loro riferimenti. Il tovagliolo serve a pulirsi la bocca, non può avere una ragionevole funzione altra o inversa. Nonostante tutto è stato una fiandra meravigliosa.
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