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eleonora d'arborea

quel soffio di donna

Negli scorsi appunti era venuto fuori il nome di Eleonora d'Arborea. Oggi Arborea è -molto prosaicamente- un caseificio che produce principalmente latte a partire dall'esperienza degli allevatori veneti migrati dopo le bonifiche del ventennio; la curiosità è che in Sardegna costa quasi il doppio che in un qualsiasi supermercato del continente. In realtà Arborea è il nome di un territorio coincidente con la provincia di Oristano. Intorno al 1300 la Sardegna era divisa in 5 giudicati, qualcosa di simile ad un regno; quello di Arborea iniziò ad essere retto da Eleonora dopo una complicatissima serie di omicidi, successioni contestate, soluzioni dinastiche al limite e soprattutto dopo la morte sospetta di Mariano IV e l'assassinio nel 1383 di suo fratello Ugone III e di sua figlia Benedetta. Il tutto sotto l'occhio vigile, probabilmente complice e sospettoso del trono d'Aragona.

Eleonora aveva un'idea: una Sardegna unita e indipendente; aveva anche una visione: un potere sostenuto dal popolo e non schiacciato su di esso. Eleonora era intelligente, di un'intelligenza raffinata e sottile; riprese in mano la Carta de Logu, il compendio normativo sardo, da poco organizzato nel passaggio dalla forma orale a quella scritta. Lo rinfrescò eliminando, accorpando o semplicemente lo rese più fluido e comprensibile. Ancora un aneddoto: anni fa un avvocato cagliaritano mi narrò del delicato momento della costruzione del futuro stato italiano; tra le problematiche da affrontare nel miscelare culture e società tanto radicate e diverse, ci fu anche quello dell'includere i modelli e gli istituti giuridici definiti nella Carta del Logu -oltre alle usanze non scritte ma tacitamente accettate- all'interno dei codici penali e civili dello stato piemontese. Per questo fu incaricato un gruppo di professori di diritto che ragionarono a lungo cercando un'accettabile quadra. Si dovettero arrendere di fronte al concetto di vendetta, comunemente applicato finanche attraverso l'omicidio.

Eleonora aveva ben poche speranze di divenire giudichessa -sì, anche allora certi termini erano oggetto della parità di genere- rimanendo a tutti gli effetti reggente per conto del figlio Federico. Eleonora era abilissima nei giochi di potere e di corte: nel 1382 accordò un prestito di 4000 fiorini d'oro, che non erano certo briciole, a Nicolò Guarco doge genovese. Un colpo magistrale unito alla condizione di un matrimonio tra il suo primogenito e Bianchina, figlia del doge. Tale accordo dimostra il rilievo e la potenza raggiunta da Eleonora e dal giudicato di Arborea.

Ma torniamo alle turbolente vicende: seppellito Ugone III la nostra si diede un gran daffare per convincere la corona aragonese a riconoscere suo figlio quale unico e legittimo erede al trono. Per dimostrare la sua buonafede inviò a corte suo marito Brancaleone a perorare la causa e questi, proprio a corte, fu trattenuto con le più svariate scuse divenendo a tutti gli effetti un ostaggio per controllare la riottosa Eleonora che così, forse malignamente ma si dice, lo neutralizzò. Rientrata urgentemente a Oristano riuscì a soffocare una rivolta dei nobili e anche ad essere eletta giudicessa a tutti gli effetti, sulla base di una norma promulgata dal nonno, che apriva alle donne in linea genealogica l'accesso al trono. Nella sua delicatissima posizione abbandonò una visione assolutista operando per il bene e con il supporto della popolazione. Riunì l'intera isola sotto un unico scettro, addirittura ricacciando le truppe aragonesi, che avevano sperato fino all'ultimo di conquistare i giudicati. Riuscì a gestire e anche piegare le immancabili rivolte sfociate in violenze. La sua immagine si trasformò in quella della sovrana illuminata e magnanima che ancora aleggia nei racconti tradizionali sardi. Eleonora ce l'aveva fatta.

Ma come si dice? se vuoi far ridere gli dei, fai un progetto. Il fattore imponderabile si materializzò con la peste nera che riconsegnò senza una battaglia l'intera isola alla corona spagnola aragonese. Eleonora doveva essere ormai stanca, trascorse gli ultimi anni in disparte, abbandonò la politica attiva cedendo lo scettro al marito, finalmente liberato, e al figlio Mariano V. Eleonora morì nel 1404 di peste dopo 57 anni densi di eventi e colpi di scena; ma in effetti non ve n'è certezza, nemmeno del suo luogo di sepoltura. E questo implicito tentativo di damnatio memoriae riportò il corso degli eventi e della storia nei consueti binari sardi, a scartamento ridotto.

eleonora_arborea.cont 4.4 Kb rev. 2024.12.19 18:02:36