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ancoraggi

teoria e pratica

Questa volta è il levante a molestare ma non troppo; è girato da grecale dopo l'alba e si è affermato, non troppo ma da considerare. I motori ronfano a 1800 giri e la prua è verso cala Granara. Lì daremo fondo all'ancora per un'ora più o meno. Ma cerchiamo di usare i temi i corretti: si da fondo all'ancora, gettare l'ancora è un'estrema manovra di emergenza quando le marre non vogliono più abbandonare le rocce. Se proprio non si riesce a liberarla giocoforza la si deve abbandonare con tutta la catena. Buona norma è marcare il punto per cercare di recuperarla in un secondo momento. Noi (grazie al cielo) stiamo per limitarci a dare fondo e c'è una procedura precisa, quasi algida, valida come può essere valido un concetto generale.

La teoria è una mappa della realtà e la mappa non è il territorio, al massimo è un'approssimazione, ma da qualche parte bisogna pur iniziare, quindi prevediamo una morbida accostata sottovento e subito dopo scontreremo all'orza così da trovarci prua al vento con l'ancora appennellata sul punto prescelto; poi via a filare la catena contando sul fatto che il levante ci spingerà indietro stendendo il calumo sul fondo. Quanto calumo? Come ogni teoria anche questa è compiuta in se stessa e allora daremo da tre a cinque volte il fondo, in funzione del vento e delle onde. Ultima operazione sarà verificare la tenuta: attenderemo l'abbrivio, le maglie che si tendono, l'ancora agguantata al fondo, la barca che ha un ultimo sobbalzo prima di fermarsi. Va bene, motori spenti, fine dell'ancoraggio. E fin qui la teoria che, come abbiamo detto, è compiuta in se stessa.

Abbiamo anche detto che la mappa non è il territorio e la teoria è solo una rappresentazione interpolata della realtà. Qui siamo nella realtà e cerchiamo di riconoscerne la teoria, ansiosamente aneliamo ai suoi rassicuranti assiomi, ai conseguenti teoremi e postulati. Ma la realtà inconoscibile rimane tale e non c'è tempo per ricercare una teorica perfezione; noi vogliamo semplicemente ancorare. Siamo ancora a mezzo miglio dalla costa, vedi? La rada di destinazione è quella, no non quella sotto i pini, quell'altra a dritta circondata dal mirto. Non c'è nessuno ora, sicuramente altri ci sono passati ma preferisco pensare di essere il solo. Potremmo metterci con la prua sull'azzurro tenendo conto dello scoglio affiorante. Il fondale è di tre metri più o meno, con quest'onda daremo circa 12 metri di catena che insieme alla lunghezza dello scafo fanno venti metri di ruota dall'ancora. Siamo al limite, appena un margine prima dello scoglio. Basterà per accendere i motori e manovrare?

Comunque muoviamo a motore, accostiamo sottovento e poi scontriamo fino ad arrivare con la prua sull'azzurro che indica la sabbia, ma la corrente ci sposta, il vento anche, correggo continuamente proprio come in motocicletta e forse il trucco è proprio questo a vela, in moto, nella vita: correzione continua, attiva e proattiva ma continua; e a volte non basta nemmeno. Ma non c'è tempo per inseguire la perfezione. Cerco l'acqua chiara di quel banco di sabbia, ancorare sulle posidonie è inutile poiché quando credi di aver preso loro ti lasciano quest'illusione e quando lo avrai capito sarai ormai alla deriva, nella fortuna potrai recuperare, altrimenti ci sarà qualcosa dietro a fermarti o peggio gli scogli: troppo tardi.

Fino a tre metri la catena dal verricello al nasone è tesa, poi si rilassa quando l'ancora incontra il fondo. Motori in folle, finisce l'abbrivio, inizi ad arretrare, continui a filare fin'oltre il segno dei dieci metri più o meno, dovrebbe bastare. Non c'è tempo per rincorrere la perfezione ma dobbiamo pur avere un modello. Sembra che ci siamo: la catena si tende, sobbalza due volte, si assesta quando l'ancora agguanta il fondo e la barca ha un leggero scossone, buon segno, siamo fermi, spengo i motori, il cicalino mi avvisa che la meccanica endotermica è interrotta e da adesso in poi tutto sarà delegato al mio senso di allarme. La prua punta verso la cala sabbiosa, a dritta la scogliera che gira a poppa dopo qualche metro.

Come si dice? Non entrare in una stanza se prima non sai come uscirne. Ma non c'è tempo per la saggezza quando devi ancorare, considera piuttosto un ampio margine di aleatorietà e premunisciti.

Senza il borbottare dei motori diesel tutto diviene quieto e acquista una sua profondità di campo: anche i colori della vegetazione sono più accesi sotto l'azzurro di questo cielo mediterraneo, gli odori della terra riprendono il sopravvento sui gas esausti dei diesel. Il mirto, il rosmarino, un accenno di pino marittimo, sono tutti trasportati dalle folate che arrivano dalla terra. Non c'è tempo per la perfezione ma ce n'è sicuramente per essere avvolti e perdersi.

Il problema del perdersi non è tanto il ritrovarsi, quello prima o poi accade, ma ciò che avviene nel mentre. Perché gli eventi, le relazioni tra di essi, le conseguenze di azione e reazione, tutto continua imperterrito mentre ci facciamo prendere da un aspetto o una percezione della realtà.

C'è la vecchia storia del battito d'ali della farfalla e dell'uragano in nord america, più o meno siamo lì: hai ancorato, hai verificato la tenuta, controlli allineamenti e riferimenti, tutto bene e così ti rilassi, molli la presa, l'attenzione cala. Questo è il momento in cui quel battito d'ali trova il modo di generare un uragano; tutto sta alla capacità di mantenere un filo, un contatto tra la realtà e ciò che ne stai percependo. E infatti, lo sapevo! Questa macchia di sabbia sul fondo non era così vicina alla poppa, stiamo arando. L'ancoraggio è una procedura euristica, se le marre prendono -e non potrai mai saperlo a priori- funziona tutto il resto, altrimenti si inizia ad arare, poco alla volta, spinti indietro dal vento. E allora potremo solo ripetere da capo sperando in un'euristica più favorevole.

Manette in folle, motori accesi, pronti alla manovra: il verricello gira, riprende uno alla volta tutti i metri di catena che avevamo filato. Poco motore avanti per non trascinarsi, l'ancora abbandona quel poco che aveva aggrappato, la barca ha un brivido, una vibrazione, un battito d'ali generato dall'uragano. Esco dalla rada; la tentazione è di riprovare, di ridare fondo, di non abbandonare è forte ma questo fondale ha rifiutato chiaramente, senza tentennamenti. E gli scogli a poppa erano una minaccia intuita e tagliente.

ancoraggi.cont 6.3 Kb rev. 2024.12.19 18:02:31