mediterraneo
tutti i mari sono belli
Il mediterraneo è un mare, e fin qui credo non ci siano dubbi; in realtà è un bacino perché solo Suez e Gibilterra lo differenziano da un enorme lago. Se fosse stato per uno strampalato progetto del reich, sarebbe stato veramente ridotto ad un lago e probabilmente oggi avremmo una vasta superficie salmastra costellata da spesse placche incrostate di sale. Fortunatamente così non è stato e possiamo continuare a viverlo come un mare. Oltre all'aspetto meramente morfologico e geografico, il mediterraneo è una vera e propria nazione, così come è stato per millenni. Una strana nazione con i confini sfumati tra la battigia e l'entroterra, un inevitabile punto medio per culture distanti tra loro, sicuramente anche in conflitto ma sempre in contatto. Un luogo geografico, storico, culturale che parte dalla notte dei tempi, quando un uomo decise o fu costretto a salire su un qualcosa di galleggiante per andare a vedere cosa avrebbe trovato ai piedi di quella montagna sull'acqua. Detto ciò, affermare che il Mediterraneo sia il mare più bello del mondo non è un paradosso: è qui che è possibile vivere mare e terra assieme in una densità di luoghi e storie che altrove è ben difficile trovare.
Parlare di mar Mediterraneo è un po' generico; geograficamente non fa una piega, è un cuscinetto tra Europa, Africa e continente asiatico. Ma al suo interno comprende molte aree ciascuna delle quali, lungi dall'essere una suddivisione teorica, ci rimanda a storie, eventi, culture anche molto diverse tra loro. Per entrare meglio nel dettaglio possiamo affidarci ai punti cardinali: a nord, lungo la costa europea, troviamo il mar Ligure, il Tirreno settentrionale, il mar di Corsica, il golfo del Leone fino alle Baleari nord. A ovest le Baleari sud, il canale di Sardegna e lo stretto di Sicilia e ancora a sud il mar Libico e il mar di Creta che bagnano il continente africano. A est la penisola balcanica e l'Asia sono toccate dagli Adriatici, dagli Ionii, dagli Egei e dal mar di Levante. Al centro tutto ciò che resta, il punto medio, il mare aperto che prende nomi diversi. Potrebbe essere lo stessso mare ma non lo è, basta confrontare le bitte occidentali con quelle del versante turco per capire che sullo stesso mare si vivono marinerie diverse. Già il termine Mediterraneo è qualcosa di latino, in Turchia è chiamato Ak Deniz, il mare bianco; non è differenza da poco perché nel nome c'è l'affermazione della cultura che lo ha coniato.
Semiti, camiti, giapeti: dai tre figli di Noè ebbero inizio (Dio solo sa come) le stirpi, le razze e ancora tutte le etnie. Parlare oggi di razza sicuramente non è politicamente corretto, ma non si può negare la differenza fisica, strutturale, tra europei, africani, asiatici; negarla appiattisce tutto in un generico, teorico e fuorviante essere umano. D'accordo, qualcuno è partito dal sottolineare questa differenza e ha creato uno dei più abominevoli orrori del XX secolo, ma negarla equivale a approssimare un cavallo a una sfera solo per facilità di calcolo. Invece potrebbe essere stimolante lavorare sulle differenze, sul confronto genuino tra altri e altri. Perché, se è vero che il linguaggio è una proiezione culturale, la lingua franca mediterranea (ammesso sia possibile individuarne una, condivisa, strutturata) è la prova dell'esistenza di una meta-cultura e di una meta-nazione del mediterraneo, elaborata e alimentata nel corso dei secoli, oggigiorno negata dalla frenesia di definire un fuera contrapposto al nostro stato di prigionieri del benessere. Come nella pellicola Codice 46 tutti abbiamo bisogno di papelles che ci attribuiscano uno status: residente, cittadino, immigrato, rifugiato, altrimenti clandestino; aggettivi dempre più dettagliati per frammentare una secolare, sebbene -ahimé- conflittuale, unicità.
Tutti i mari sono belli, nessuno escluso, dalle acque limpide delle Whitsunday fino a quelle fangose del Mar Cinese meridionale; ma il Mediterraneo è il più bello di tutti perché riesce a coniugare più aspetti in un unico luogo geografico. Proprio perché mediterraneus (in mezzo alle terre) è il luogo geografico di fusione, commistione, anche scontro, tra tutte le culture che bagna. E allora diviene meta nazione e non confine, come hanno cercato di spacciarlo; luogo di scambio, di confronto, con una lingua franca che è tutte le lingue che lo chiamano. Da sempre il mediterraneo è stato solcato da rotte più o meno commerciali, disperate, militari. Da sempre i naviganti hanno stretto un tacito patto con i punti cospicui sulla linea di costa: aree sacre, templi, santuari, comunque luoghi visibili, riferimenti sull'orizzonte. Ovviamente uno di questi punti erano le sorgenti di acqua dolce. Puglia, provincia di Brindisi, comune di Carovigno, località Torre Guaceto. Una meravigliosa zona protetta, accessibile esclusivamente a piedi, una torre di avvistamento; un luogo assolutamente imperdibile con un etimo topografico molto interessante: Guaceto è l'adattamento del termine arabo al gawsit, il luogo dell'acqua dolce. Un riferimento per i naviganti dell'epoca, un luogo sicuro dove poter imbarcare acqua potabile e rifornimenti, uno scalo che divenne punto commerciale per la produzione agricola dell'entroterra. E ancora Sicilia, Catania, pozzo di Gammazita; la leggenda narra che una giovane (ovviamente bella, pura, schiva e naturalmente innamoratissima di un giovanotto locale) divenne oggetto della brama lasciva dell'immancabile invasore, nella fattispecie francese. Naturalmente lei, per salvare il suo onore e la sua verginità, preferì gettarsi in quel pozzo che da allora prese il suo nome: Gammazita. Strano nome per una ragazza, che abbia qualcosa a che vedere con al gawsit? Guarda caso c'è ancora l'acqua dolce, fino alla devastante eruzione del 1669 era sulla linea costiera. Un altro luogo dei naviganti nascosto tra le pieghe dei toponimi mediterranei.
101.cont 5.8 Kb rev. 2024.12.19 18:02:25